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Prosegue la ricca programmazione di Danae Festival, giunto alla diciassettesima edizione, che nell’ultimo weekend ha proposto, tra gli altri, i lavori del belga David Weber-Krebs e di Marina Giovannini e Cab008.
“Tonight, lights out!” di Weber-Krebs intreccia realtà e finzione, cronaca e narrazione per arrivare ad una presa di coscienza e ad una partecipazione attiva da parte dello spettatore. L’artista all’inizio della performance si siede di fronte al suo uditorio, quasi stesse per raccontare una storia tra le pareti del proprio focolare domestico in una sera d’inverno, quando fuori imperversa la bufera. Difatti il lavoro inizia proprio con il racconto delle vicende del giovane Ismael, trasferitosi con la mamma e la nonna nella trafficata ed inquinata metropoli del Cairo. Stretto tra le credenze musulmane e della minoranza cristiana copta, decide una sera di spegnere le luci e di stare nella totale oscurità, per ascoltare con concentrazione le voci che salivano dal suo profondo. Si compie così il miracolo: la nuvola oscura che alleggiava sulla città si dissolve e scompare, lasciando ai colori e alla luce il pieno dominio. Ma tutto questo cosa c’entra con la campagna lanciata dal giornale tedesco Bild Zeitung l’8 dicembre 2007, che invitava i cittadini a spegnere dalle 20.00 alle 20.05 tutte le luci per sensibilizzare la popolazione alla problematica dell’inquinamento atmosferico e dei cambiamenti climatici? Weber-Krebs non lo dice, ma forse allo spettatore neppure interessa saperlo; quello che interessa allo spettatore è scoprire come potrà diventare il signore del buio e della luce. Già, perchè ciascun partecipante alla performance ha a sua disposizione un telecomando collegato ad una lampadina appesa al soffito: il meccanismo del gioco si avvia subito, senza che Weber-Krebs debba troppo dilungarsi nelle spiegazioni. Chi preme titubante il pulsante, chi proprio non riesce a stare al buio e ogni tanto lancia un segno con la sua lampadina, come per dire: “Ehi, ci sono anche io!”, chi ride divertito, chi si sposta delicatamente verso il vicino senza ammettere la propria paura ma cercando una presenza rassicurante, chi crea rumori e compie gesti per attirare l’attenzione… Una cosa è certa: tutti insieme si vive un’esperienza, divertente o traumatico che sia lo stare al buio, lo si sperimenta insieme.
Marina Giovannini e Cab008 presentano invece Meditation on beauty: grazia, leggerezza, forza ed equilibrio si avvicendano e si rincorrono nei movimenti plastici ed elastici delle performers. I riferimenti iconografici provenienti dalle arti visive sono diversi: da La danza di Henri Matisse alle Tre Grazie di Antonio Canova. Il volume, le colonne e le vetrate della Palazzina Liberty aggiungono bellezza, emozione e sacralità e sollevano le figure delle ballerine e le loro movenze sinuose, lente e delicate in una dimensione che non è di questo mondo, ma che si può raggiungere solo trasportati dalla leggerezza dell’Arte, che svuota dai pesi e dalle zavorre della frenetica routine quotidiana. Le note delle musiche di Nina Simone commuovono, arrivano dritto all’anima e creano nella mente dello spettatore storie che fanno riafforare ricordi, gioie, sofferenze e momenti di grande bellezza. Meditation on beauty dà vita ad un vero e proprio moto di estasi, che prende avvio dalle coreografie ma che in seguito se ne distacca per esplorare territori dell’animo inesplorati e misteriosi a noi stessi. Oltre a manifestare la bellezza, questo lavoro fa scoprire allo spettatore la Bellezza: quell bellezza che ci toglie il fiato, che ci fa rimanere a bocca aperta e letteralmente senza parole, ma con la sola convinzione e certezza che certe bellezze solo l’arte è in grado di produrle. Per fortuna ci sono, qui e là, squarci di bellezza, come all’improvviso i gialli limoni di Montale fanno capolino “da un malchiuso portone/da gli alberi di una corte”.