“Entrò Carla; aveva indossato un vestitino di lanetta marrone con la gonna così corta, che bastò quel movimento di chiudere l’uscio per fargliela salire di un buon palmo sopra le pieghe lente che le facevano le calze intorno alle gambe; ma ella non se ne accorse e si avanzò con precauzione guardando misteriosamente davanti a sé, dinoccolata e malsicura; una sola lampada era accesa e illuminava le ginocchia di Leo seduto sul divano; un’oscurità grigia avvolgeva il resto del salotto”. I più avranno sicuramente riconosciuto l’incipit severo e austero, ma allo stesso tempo complesso e latineggiante nella sintessi, del romanzo d’esordio di Alberto Moravia, Gli indifferenti (1929).

Alberto Pincherle, questo il vero nome di Moravia, nacque il 28 novembre 19o7 da una famiglia abbiente della borghesia romana residente nel quartiere Pinciano. L’estrazione sociale dello scrittore è fondamentale per la comprensione delle sue opere: in tutti i romanzi, infatti, Moravia sottolinea e critica il disgusto, la noia, l’alienazione e l’abulia dei personaggi, sempre appartenenti ad una borghesia che ha forse perso il suo ruolo e il suo scopo. dal 1916 Moravia fu colpito da una grave forma di tubercolosi ossea, che gli impedì di condurre la stessa vita dei ragazzi della sua età. Per questo si dedicò con passione e intelligenza alla lettura dei classici, costruendosi una solida formazione letteraria aggiornate alle più recenti tendenze europee: da Dostoevskij a Joyce, da Goldoni a Shakespeare, da Molière a Mallarmé.

Dal 1925 cominciò la stesura de Gli indifferenti e dal 1927, dopo aver conosciuto Massimo Bontempelli e Corrado Alvaro, collaborò alla rivista Novecento, pubblicando tra gli altri il racconto Cortigiana stanca. Nel 1941 sposò con nozze religiose Elsa Morante; i due si separarono nel 1962.

Dopo l’8 settembre 1943 Moravia e la Morante si rifugiarono a Sant’Agata, un villaggio montano di pastori provenienti da Vallecorsa (Ciociaria), dove soggiornarono presso una famiglia: da questa esperienza nacque il romanzo La ciociara (1957). Attraverso lo sviluppo del personaggio di Cesira l’autore vuole esprimere con toni alti e patetici – già Gli indifferenti avrebbero dovuto accostarsi al genere tragico secondo le intenzioni di Moravia- tutta la confusione e l’incertezza della realtà italiana di quel periodo della Seconda guerra mondiale. Al 1960 risale l’omonimo adattamento cinematogrtafico di Vittorio De Sica con l’interpretazione di Sophia Loren.

Lo stesso ambiente vacuo, privo di ideali, corrotto e senza moralità de Gli indifferenti verrà proposto da Moravia ne  La romana (1947), definito dalla critica come uno dei migliori romanzi dell’ultima narrativa. Nel 1952 vinse il Premio Strega per I racconti; collaborò con la RAI (1949-1950) e L’Espresso (1957) e fondò la rivista Nuovi Argomenti (1953). Numerosi furono i viaggi come corrispondente all’estero: Cina, Giappone e Corea (1967), Africa (1971), Russia e Hiroshima (1982). Nel 1984 venne eletto deputato europeo nelle liste del PCI e nel 1985 gli fu conferito il titolo di “personalità europea”. Moravia è sepolto nel cimitero del Verano a Roma.